“Non hai urlato” i giudici non credono all’accusa di stupro e perseguono la donna per calunnia

Una notizia che lascia sconvolti quella emessa a Torino: stupratore assolto in quanto la vittima non aveva urlato durante gli abusi.

Getty Immages/Lorenzo Palazzolo

Siamo nel 2021, eppure, talvolta, vengono emesse sentenze che ci riportano ai “secoli bui” della storia. A Torino – spiega TPI – un istruttore della Croce Rossa, Massimo Raccuia,  accusato di violenza sessuale su una collega, è stato assolto in primo grado perché il racconto della donna, secondo i giudici, non era credibile: “Non grida, non urla, non piange. Risponde alle chiamate mentre lui l’aggredisce, senza insospettire il centralinista” – era stato scritto nella sentenza.  Le violenze, stando alle dichiarazioni della vittima, si sarebbero ripetute più volte tra il 2010 e il 2011 all’interno di stanze ospedaliere.

Ma il Tribunale, non credendo alla donna, aveva anche dato indicazione di procedere per calunnia contro la vittima.
Il caso era arrivato al vaglio della Cassazione, che aveva annullato la precedente sentenza, disponendo un nuovo processo d’Appello per indagare sul rapporto gerarchico che esisteva tra la vittima e l’imputato, elemento determinante per fare chiarezza su eventuali calunnie o ricatti tra i due.

 

Ed è stato nel nuovo processo d’Appello – spiega TgCom24 – che è venuto finalmente allo scoperto  l’atteggiamento prevaricatorio dell’imputato sulla donna e che l’uomo è stato condannato. Raccuia era il coordinatore dei volontari e come tale ne poteva gestire i turni. Attraverso decine e decine di messaggi, estrapolati dal telefono dell’imputato, il sostituto procuratore generale ha messo in luce come l’uomo costringesse la donna – sotto ricatto – a fare sempre turni negli ospedali dove poi lui poteva abusarne indisturbato. Alla vigilia dell’udienza, l’imputato ha anche offerto alla donna un risarcimento di 10mila euro che lei ha rifiutato: “Ho rifiutato perché i soldi non mi sono mai interessati. Volevo solo avere giustizia. Tante volte ho pensato di arrendermi. Se non l’ho fatto è stata grazie a mia figlia” – le parole della vittima. I giudici, finalmente, hanno condannato Raccuia a scontare una pena di 4 anni e sei mesi. Purtroppo, nel nostro Paese, le donne vittime di stupro sono all’ordine del giorno. Qualche settimana fa, a Roma, una donna è stata presa alle spalle e violentata all’interno della mensa scolastica, mentre stava preparando il pranzo per i bambini che, in quel momento, erano nelle aule.

 

 

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