Vaccini: in cosa differiscono l’uno dall’altro e quanto ciascuno protegge dal Covid

L’Agenzia europea del Farmaco, ad oggi, ha dato il via libera a quattro vaccini anti Covid. Ciascuno ha caratteristiche specifiche e un diverso livello di protezione dal virus.

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Getty Immages/Carl Court

Come confermato dall’Istituto Superiore della Sanità, anche dopo aver ricevuto entrambe le dosi del vaccino anti Covid, è possibile contrarre l’infezione virale. Tanto è vero che – stando alle ultime raccomandazioni dell’ISS – anche chi è già stato vaccinato, se viene a contatto con persone positive, deve osservare il periodo di quarantena. Sono diversi i casi di persone, infatti, che si sono scoperte positive al virus pur essendo gà vaccinate. L’ultimo caso è quello di Daniele Madelfini, un sanitario di Napoli che ha contratto il virus a distanza di 37 giorni dalla seconda iniezione del siero. E come lui anche 12 sanitari a Roma e 9 a Milano. Nella maggior parte dei casi i soggetti sono stati infettati dalla variante inglese per la quale – come anche per le varianti brasiliana e sudafricana – l’ efficacia dei vaccini attualmente disponibili diminuisce.

Ad oggi, stando alle dichiaranzioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità – riferisce Fanpage –  sono 264 i vaccini anti Covid in sperimentazione. La maggior parte è ancora nella fase pre-clinica: testati su  animali e  cellule in coltura. Mentre quelli che hanno già fatto il passaggio all’uomo, poiché considerati idonei, sono 82.  Tra questi  alcuni hanno già ottenuto l’autorizzazione all’uso di emergenza da parte delle principali autorità in materia farmacologica come l’Agenzia Europea per i Medicinali, la Food and Drug Administration americana e l’Agenzia Italiana per il Farmaco.

Differiscono l’uno dall’altro e per formulazione – AstraZeneca è molto diverso da Pfizer e Moderna ad esempio – e per livello di protezione dal Covid. Il Pfizer, il primo vaccino autorizzato dall’Agenzia italiana del farmaco, secondo studi clinici raggiunge un livello di efficacia del 95%. Mentre il vaccino di Moderna – il secondo ad ottenere il lascia passare –  presenta un’efficacia del 94%. Il terzo farmaco approvato  è stato l’anglo svedese AstraZeneca, sviluppato in collaborazione con lo Jenner Institute dell’Università di Oxford, che ha dimostrato un’efficacia dell’82% con la seconda dose a tre mesi dalla prima. Infine il quarto e ultimo vaccino a essere stato autorizzato è Johnsons & Johnsons con un’efficacia del 66%.

Vaccini: tutti i fattori da valutare

Messa così potrebbe sembrare semplice su quale siero indirizzarsi: su quello che ha dimostrato una percentuale di protezione più alta. Ma la questione è più complessa in quanto sono tanti i fattori da considerare. In primis c’è da valutare che ogni vaccino sfrutta tecnologie differenti: Pizer e Moderna sono vaccini a mRNA, AstraZeneca e Johnson&Johnson si basano su un vettore virale.  Inoltre va tenuto presente che queste percentuali si riferiscono alla  protezione contro la forma sintomatica del Covid ma ci sono anche altri fattori su cui valutare l’ efficacia come la possibilità di contrarre la malattia in forma grave. Per quanto concerne la protezione dalla malattia grave, dagli studi clinici è emerso un quadro completamente diverso che vede il  Pfizer-BioNTech con un’efficacia del 75%, quello di Johnson & Johnson dell’85 % mentre Moderna e AstraZeneca arrivano addirittura al 100%.

E, passando dagli studi clinici all’applicazione nel mondo reale, AstraZeneca – che nei giorni scorsi aveva subito un temporaneo stop a causa di alcuni decessi registrati a seguito della somministrazione – in Scozia ha  abbattuto i ricoveri ospedalieri del 94%. Infine, c’è da aggiungere che, nonostante nessuno di questi quattro vaccini autorizzati tuteli completamente dall’infezione, tutti quanti – in base agli studi condotti fino ad oggi – garantiscono un’efficacia del 100% dal rischio di decesso per Coronavirus. Ad essi – riporta Adnkronos – potrebbe presto aggiungersi un quinto vaccino: il russo Sputnik V. Se anche questo farmaco otterrà il via libera dall’Ema, entro tre/quattro mesi potrebbero essere consegnate circa 100 milioni di dosi all’Unione Europea.

 

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