L’estate ormai volge al termine ma per molti la mente è ancora rivolta alle serate estive, alle onde del mare e al suo blu profondo.
C’è qualcosa di magnetico nel blu. Colore che incarna all’infinito, il mistero della calma, il blu ha sempre avuto un ruolo privilegiato nel mondo dell’arte, soprattutto quando è associato al mare e all’estate. Il mare stesso, molto spesso diventa protagonista delle opere d’arte. Non è più solo uno spazio geografico o un elemento naturale ma diventa il focus dell’opera. Ne è metafora di infinito, di forza e di mutevolezza. Il mare e estate, vacanza, riposo ma non solo, è anche avventura, scoperta e contemplazione.

Nel corso dei secoli, pittori artisti di diverse correnti hanno utilizzato il blu nella loro palette per esprimere tutto questo. Va ricordato, però che il blu non è sempre stato un pigmento così facilmente accessibile. Inizialmente, ottenere questo colore era un processo lungo e costoso. Ad esempio, il blu oltremare veniva estratto dai lapislazzuli, una pietra preziosa proveniente dalle remote montagne dell’Afghanistan. Erano pochi gli artisti che potevano permettersi di utilizzarlo. Proprio per questo veniva riservato solo per oggetti sacri o scene di grande importanza. Quando più tardi, nel XVIII secolo, venne scoperto il blu di Prussia, un pigmento sintetico, il colore divenne più accessibile e si aprirono molte più possibilità per gli artisti.
Il grande mare nelle opere d’arte: l’onda
Il blu di Prussia diventerà presto il protagonista di molte opere. Una delle opere più famose del mondo in cui è riscontrabile questo pigmento è La grande onda di Kanagawa del 183, di Katsushika Hokusai. La xilografia presenta una grande onda minacciosa che si erge su alcune imbarcazioni. Sullo sfondo in lontananza si intravede la cima del Monte Fuji, che fa quasi da testimone indifferente al dramma che sta colpendo alcuni pescatori travolti dall’onda.

L’opera è intrisa di un’intenso significato spirituale. Siamo davanti alla forza minacciosa della natura che non tiene conto della fragilità umana. È quasi quella natura matrigna che ritroviamo negli scritti del buon Giacomo Leopardi. Sembra una mano che, venuta fuori dalle spume delle acque, si staglia sui pescatori a ricordare che la morte è sempre presente. Una sorta di memento mori. Il blu utilizzato da Hokusai diventa un mezzo per esprimere la potenza del mare, un’entità che può essere contemporaneamente bellissima e minacciosa.
Un mare romantico e terribile
Ancora una volta il rapporto tra il mare e la fragilità umana è protagonista di una grande opera. Parliamo de Il mare di ghiaccio, di Caspar David Friedrich, del 1823. La sua opera ci parla di un naufragio di una nave. Dunque, rispetto alla grande onda che ritraeva il momento del dramma, qui siamo nel momento successivo, quando la nave è già frantumata in un’infinita di pezzi che formano una sorta di montagna. Tutto intorno c’è solo ghiaccio.

I pigmenti utilizzati sono freddi e cupi, così come il blu ghiaccio che ha il compito di generare desolazione e disperazione, in pieno stile Romantico. Il mare di Friedrich non è il mare estivo, dolce e accogliente ma piuttosto un abisso freddo e minaccioso, luogo di morte e di sconfitta. L’immensa distesa di ghiaccio, il blu pallido ed inquietante, sembra intrappolare tutto ciò che si trova al suo interno, incluso l’imbarcazione distrutta. Il mare diventa tutt’altro che luogo di svago estivo.
Conosciuto anche come “l’Oceano Artico”, il dipinto di Friedrich sembrerebbe ritrarre un fatto realmente accaduto. Si tratta di una spedizione avvenuta nel 1819 tra l’Atlantico e il Pacifico a William Edward Parry. Non sappiamo se questa teoria sia reale, ma di certo reale è il senso di impotenza davanti a quel ghiaccio bluastro.
Il sole che nasce dal mare
Più avanti, con il padre dell’impressionismo Claude Monet, troviamo un’ulteriore utilizzo del blu e dell’elemento mare. Il potere evocativo del blu è presente in molte opere di Monet ma, una su tutte è Impression, soil levant del 1872. Il dipinto raffigura il porto francese di Le Havre alle prime luci dell’alba, con il sole che sorge dal mare. Tutto intorno c’è una fitta nebbia che avvolge le gru, le navi e le ciminiere. Questo dipinto fu il punto di partenza del movimento impressionista. Le pennellate sono veloci e libere ed il colore che domina è una sorta di azzurro-grigio che ruba la scena allo stesso sole.

Il blu di Monet non è mai uniforme o piatto; è vivo, brillante, quasi pulsante e riesce a trasmettere il movimento e la vita stessa del mare. In quest’opera, l’acqua sembra fondersi con il cielo in un delicato equilibrio romantico e l’unica rottura dell’equilibrio è rappresentata dal sole rosso-arancio che emerge all’orizzonte. Il mare di Monet, a differenza delle due opere precedenti, è un mare estivo, calmo e avvolgente. In questo caso, abbiamo un blu che diventa il colore della quiete, della riflessione e della pace. Se la scoperta del blu di Prussia fu di fondamentale importanza per inserire questo colore in maniera più ampia nelle opere, l’invenzione del colore ad olio in tubetto nel 1841 rese possibili dipinti come questo, che venivano realizzati en plein air, ossia all’aperto.
Questo breve viaggio tra il blu ed il mare tra opere molto diverse da loro per stile e significato, ci permette di considerare diverse sfaccettature del tema. Il blu può diventare sinonimo di potenza e distruzione come nella Grande onda, desolazione e sgomento come nel Mare di ghiaccio o anche calma e riflessione come nel dipinto di Monet. Il mare, dunque, evoca diverse immagini e con lo stesso blu, declinato in maniera differente, si possono raccontare storie di forza, di pericolo e di meraviglia.
Il blu nell’arte racconta l’essenza di ciò che è infinito e profondamente umano.