Agrigento, arrestata banda: da mesi torturavano dei disabili

Ad Agrigento scovata una banda di ragazzi e adolescenti che da mesi mettevano in atto le peggiori torture nei confronti di persone con disabilità.

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Getty Immages/Salvatore Laporta

Venuti a galla tremendi abusi perpetrati a danno dei più deboli. Questa volta non si tratta di bambini – come scoperto più volte all’interno di asili – ma di soggetti portatori di disabilità. I Carabinieri del reparto Operativo della compagnia di Licata, ad Agrigento – riferisce l’Ansa –  – hanno eseguito quattro misure cautelari: tre in carcere e un divieto di avvicinamento. I quattro, da mesi, mettevano in atto atroci torture a danno di persone disabili. Coinvolti anche due adolescenti, già arrestati lo scorso aprile. Ma, ora, una nuova ondata di arresti a seguito dell’acquisizione di nuovi video che hanno fatto emergere altri episodi di violenza e hanno permesso di individuare i protagonisti degli abusi. In almeno un  caso, inoltre, vi è stato anche un tentativo di intralcio alle indagini: una donna di ventisette anni – la destinataria del divieto di avvicinamento, parente di uno degli arrestati, – ha offerto dai 50 ai 100 euro ad uno dei disabili vittima delle torture affinché ritrattasse quanto dichiarato al giudice, in fase di incidente probatorio

I nuovi filmati hanno permesso di ricostruire un nuovo episodio di violenza. Era una giornata di pioggia – riporta Fanpage – quando un’auto – con a bordo due di coloro che sono stati arrestati – si è fermata nei pressi del ponte della ferrovia di Licata. Dall’auto scese uno degli indagati che prese per le spalle un ragazzo disabile che stava camminando in quella zona,  lo portò vicino all’auto e, dopo averlo afferrato per la testa, gliela fece sbattere tre volte fra la portiera anteriore e quella posteriore della macchina. Poi, sghignazzando, gli aguzzini ripartirono.

Ma non è ancora tutto. Una degli indagati – oggetto di custodia cautelare al momento – era già agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico. Mentre era ai domiciliari s’era fatta dare l’autorizzazione per effettuare una visita medica. Ma era solo una scusa perché, anziché dal medico, la ragazza andò da una delle vittime  per minacciarla affinché ritrattasse le dichiarazioni rese davanti al giudice in sede di incidente probatorio.

 

 

 

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