“Prego per Willy ogni notte, vorrei poter guardare sua madre negli occhi”, dice Gabriele Bianchi

A due anni dall’omicidio di Willy Monteiro Duarte, Gabriele Bianchi continua a professarsi innocente e chiede di parlare con la madre della vittima.

Sono passati quasi due anni da quella terribile notte in cui venne ucciso il 21enne Willy Monteiro Duarte a Colleferro, in provincia di Roma. In carcere per l’omicidio del giovane i fratelli Gabriele e Marco Bianchi e Mario Pincarelli. I due fratelli  tuttavia, continuano a professarsi innocenti. Gabriele, il maggiore dei due, in una lettera inviata all’Adnkronos ha ribadito di non aver neppure sfiorato Willy quella sera e continua ad addossare la colpa all’amico Francesco Belleggia l’unico di loro ad aver avuto gli arresti domiciliari. Secondo quanto riportato da Bianchi, sarebbe stato Belleggia a uccidere Willy con un calcio al collo mentre si il 21enne si stava  rialzando da terra. Nella missiva scritta da Gabriele Bianchi si legge: “Sono ormai 17 mesi che vivo da recluso in carcere. Mesi che sono sembrati anni. Sono stato dipinto come un mostro assassino, ho assistito inerme alle bugie e agli insulti di cui persone sconosciute invadevano i profili social mio e di Marco. È orribile essere accusato di un crimine che noi  non abbiamo mai commesso“.

Il maggiore dei Bianchi prosegue spiegando, ancora una volta, quella che è la sua verità: Willy Monteiro – a suo dire – sarebbe morto per colpa di una lite scatenata da Francesco Belleggia il quale, poi, avrebbe colpito il giovane con un calcio al collo mentre il 21enne era in ginocchio. “Solo un vigliacco può colpire una persona in difficoltà. Un atteggiamento che ha mantenuto davanti al pubblico ministero, quando invece di ammettere di aver partecipato attivamente alla lite e aver colpito Willy, ha scaricato la responsabilità su me e Marco“. Spiega inoltre che lui sta cercando di andare avanti con la sua vita, sta studiando in carcere e puntualizza che ha un ottimo rapporto con tutti gli altri detenuti. Ma Gabriele non si limita a ribadire la sua versione dei fatti: l’uomo, infatti, nel frattempo è diventato papà di un bambino che non ha nemmeno visto nascere. E, in virtù di questa paternità, si sente vicino alla famiglia del povero Willy e, addirittura, dice di voler incontrare la madre per spiegarle che lui e il fratello sono vittime innocenti di un ammasso di menzogne. Nella sua lettera Bianchi conclude: “Pagherei oro per poter guardare negli occhi la mamma di Willy dirle che mi dispiace immensamente, che capisco il suo dolore, essendo padre. Prego tutte le notti che la giustizia trovi il vero responsabile della morte di Willy”.

 

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