La Corte Suprema del Regno Unito ha emanato una sentenza storica, finita molto presto al centro delle proteste di migliaia di manifestanti nel Paese.
Dopo una battaglia legale durata anni, la Corte Suprema del Regno Unito ha emanato una sentenza destinata a passare alla storia. La decisione è stata presa in seguito al ricorso presentato dal gruppo For Women Scotland, un’associazione scozzese composta da femministe “gender-critical” che non comprende le donne trans nella lotta per i diritti, nella convinzione che una loro inclusione possa rappresentare un ostacolo per le donne cisgender.

Sette anni fa il For Women Scotland ha fatto ricorso contro l’Equality Act del 2010, la legge britannica sulle pari opportunità promulgata nell’intento di contrastare le discriminazioni basate sulle cosiddette “caratteristiche protette” come l’età, l’etnia, la religione, l’orientamento sessuale e il genere.
La normativa prevede una serie di tutele che coinvolgono le donne trans, anche nel caso in cui siano prive di un Gender Recognition Certificate (GRC), il documento che attesta ufficialmente il cambio di genere. Sulla scia di questa legge, il governo scozzese guidato da Nicola Sturgeon nel 2018 ha approvato una normativa che garantiva una rappresentanza femminile nei consigli di amministrazione degli enti pubblici pari al 50%, comprendendo anche le donne trans.
Regno Unito, cosa cambia dopo la sentenza della Corte Suprema
Il For Women Scotland si è contrapposto alla decisione del governo scozzese, sostenendo che un’inclusione delle donne trans non avrebbe fatto altro che danneggiare le persone biologicamente di sesso femminile. Secondo l’organizzazione – che vede tra i suoi sostenitori la scrittrice J.K. Rowling – l’identità di donna si basa sul sesso biologico alla nascita e non sull’identità di genere.

Il gruppo, nel corso del tempo, ha negato il riconoscimento delle persone trans come donne promosso dall’Equality Act. A distanza di sette anni dall’inizio della battaglia in tribunale contro il governo scozzese, è riuscito ad avere la meglio con la sentenza della Corte Suprema. Quest’ultima, infatti, ha stabilito che le persone transgender non verranno più riconosciute come donne per legge.
Ciò vuol dire che non potranno più godere delle tutele riservate a coloro che appartengono biologicamente al sesso femminile. La Corte sostiene che l’utilizzo di un certificato attestante il sesso di una persona sarebbe in opposizione alle definizioni di uomo e donna. Di conseguenza, quanto previsto dall’Equality Act da ora in poi potrà essere interpretato “solo come riferito al sesso biologico”.
Alla sentenza hanno fatto seguito proteste e manifestazioni. La preoccupazione è che tale decisione possa rendere più complicato per le donne trans essere accostate alle cisgender in diversi ambiti a livello sociale: dalla possibilità di entrare negli spogliatoi o nei bagni femminili a quella di competere in sport femminili, fino all’accesso ai reparti ospedalieri per donne.
Un passo indietro per la comunità trans
Secondo molti attivisti e organizzazioni a difesa dei diritti delle persone trans, si tratta di un precedente allarmante che rischia di legittimare discriminazioni ed esclusione. La decisione della Corte Suprema rappresenta un passo indietro dopo le tante lotte e conquiste ottenute dalla comunità trans.

Un’inversione di rotta che sembra allinearsi alle leggi che stanno interessando la comunità LGBTQ+ anche nel resto del mondo. Basti pensare all’Ungheria, dove è entrata in vigore una normativa anti-Pride, e agli Stati Uniti, in cui Trump ha espresso più volte la sua volontà di riconoscere solamente i due sessi biologici maschile e femminile e vietare quella che viene definita “ideologia di genere”.
In ogni caso, nonostante la sentenza della Corte Suprema, attualmente nel Regno Unito continuano a rimanere in vigore diverse tutele per le donne trans, tra cui la normativa volta alla loro protezione proprio per il fatto di essere persone transgender.